Intervista a Julien Andrieu – ricercatore presso il Laboratorio ESPACE del CNRS – Università di Nizza Sophie Antipolis

(intervista a cura di Rolando Pozzani)

– R.P. – Qual è l’attività svolta dal vostro gruppo nel quadro del progetto Interreg Alcotra “Concert-Eaux” ?

– J.A. – Nel programma delle attività del progetto “Concert-Eaux” si è deciso di lavorare essenzialmente sull’acqua e sull’idrologia, ma per alcune ragioni e per disporre di una visione d’insieme sul futuro della valle, si è deciso di aggiungere agli studi idrologici un piccolo studio sulla flora, ed in particolare sulla flora nelle aree protette.

Ci sono molte ragioni per farlo, la principale delle quali è che il territorio è molto protetto e che le attività devono quindi tenere conto degli operatori della protezione del territorio, il Parco Nazionale, i siti Natura 2000, ed in particolare quelli siti nel Vallone della Bendola, dove si realizzerà il LAMA – Laboratorio Microclimatico Alpino.

Inoltre, la vegetazione è un buon indicatore dei cambiamenti ambientali, e quindi anche se l’obiettivo principale di “Concert-Eaux” è quello di studiare il futuro dell’idrologia del fiume, studiare la vegetazione ci permetterà forse di cogliere dei segnali che non sono ancora visibili nell’idrologia e mostrare gli impatti dei cambiamenti climatici.

– R.P. –  In pratica, come si svolge il vostro studio ?

– J.A. – Il lavoro necessita di appoggiarsi a nuovi dati provenienti da rilevamenti sul terreno. Ci sono basi di dati già esistenti e pubblicate, ma per disporre di nuovi dati alla scala di dettaglio che ci interessa è necessario ritornare sul terreno. Per prima cosa bisogna rilevare dove sono le specie che vogliamo seguire in quanto indicatrici climatiche. Abbiamo condotto quindi campagne di rilevamento sulla distribuzione di alcune specie che abbiamo scelto, quali grandi alberi, arbusti, specie erbacee. Alcune mediterranee, altre montane, altre più decisamente alpine. Un mix di una ventina di specie della flora della valle Roia, di cui abbiamo realizzato una cartografia di dettaglio della loro distribuzione e frequenza. In questo modo abbiamo realizzato una base conoscitiva sulla situazione attuale, sulla quale si può cominciare a riflettere, per tracciare i marker del cambiamento fra il recente passato ed il momento attuale, e poi per realizzare una modellizzazione per anticipare il futuro, per offrire ai decisori territoriali degli elementi di scenario, in modo da consentire loro di porre in essere strategie franco-italiane di gestione adattativa della valle. L’obbiettivo primario è quello di provare ad identificare gli impatti del cambiamento climatico, considerando però che dal punto di vista scientifico può essere pericoloso di provare a definire un protocollo centrato unicamente sul cambiamento climatico, perché ci sono poche possibilità di trovare direttamente segnali forti di cambiamento. È meglio allora definire un protocollo semplice, che definisca i cambiamenti della vegetazione, e quando si osserva un cambiamento nella vegetazione, porsi la domanda se tale cambiamento può spiegarsi quale effetto dei cambiamenti climatici oppure se può essere dovuto a motivi diversi. Siamo dunque obbligati a condurre in primo luogo uno studio sui cambiamenti della vegetazione, ed in un secondo tempo provare a vedere se questo è correlabile ai cambiamenti climatici che sono già avvenuti negli ultimi decenni.

– R.P. – Quindi voi avete eseguito rilievi di terreno, ma anche antri tipi di studi ?

– J.A. – Si, i rilievi sul terreno sono numerosi e saranno oggetto di analisi statistiche, che ci permetteranno di capire le evoluzioni distributive recenti delle specie vegetali. In seguito, ci dedicheremo all’obbiettivo finale degli studi, quello che costituirà il principale contributo anche a beneficio dei decisori territoriali, che è quello di realizzare un modello che permetta di anticipare il futuro. Oggi la scienza è in grado di realizzare cartografie dei luoghi potenziali, dei luoghi favorevoli allo sviluppo di una data specie vegetale, e quindi queste cartografie possono dare indicazioni sui luoghi nei quali tale specie potrebbe trovarsi in futuro. Applicando opportune metodologie si possono così realizzare cartografie che, partendo dalla descrizione del clima attuale, descrivono il clima atteso in futuro, e quindi i luoghi che in futuro saranno favorevoli allo sviluppo di una data specie. Questo la scienza sa già farlo. Nel progetto “Concert-Eaux” abbiamo voluto andare oltre a questo. Infatti, se un luogo che oggi è favorevole ad una data specie e che in futuro non lo sarà più, oppure un luogo che oggi non è favorevole ma che lo sarà in futuro – ad esempio il caso di una specie arborea montana che potrà espandersi in zone ad altitudine più elevata a causa del riscaldamento climatico – non è detto che ciò vorrà dire automaticamente che tale specie vi si insedierà. Così abbiamo voluto andare oltre, e riflettere sulla costruzione di modelli che considerino ad esempio anche la produzione dei semi, la diffusione dei semi, la loro sopravvivenza, la competizione ambientale… Quindi dei modelli più avanzati, che approssimino meglio la realtà. E questo lo possiamo fare perché studiamo un territorio ben conosciuto, di dimensioni circoscritte, e nel quale con il progetto “Concert-Eaux” abbiamo potuto condurre nuovi rilievi approfonditi. Non si tratta quindi di modelli semplificati, applicabili ovunque. Si tratta invece di modelli concreti, realistici, applicabili ad un territorio definito, che possono così tenere conto di molteplici aspetti delle dinamiche vegetazionali.

– R.P. – Parli di vegetazione, ma immagino che non si tratti solo della vegetazione naturale ma forse anche delle coltivazioni che sono coinvolte in queste previsioni di futuri scenari climatici. Quindi questi vostri studi possono probabilmente avere anche delle ricadute socio-economiche, per quello che concerne lo sviluppo sostenibile soprattutto dell’entroterra della valle ?

– J.A. – Si, certo, sebbene la logica non sia quella di condurre degli studi agro-climatologici, perché questo non è negli obbiettivi del progetto “Concert-Eaux”. Tuttavia, possiamo utilizzare gli studi condotti sulle specie naturali – ad esempio quelle più affini alle condizioni climatiche dell’olivo – e, se si vede che l’impatto dei cambiamenti climatici può produrre stress in questa specie naturale, si può dedurne che potrebbe provocarne anche per l’olivo. Si tratta quindi di una trasposizione dell’informazione raccolta per la flora spontanea verso le specie coltivate, che può effettivamente essere utile per i tecnici forestali, gli agricoltori e gli altri operatori della vallata.

– R.P. – Voi realizzerete una ricostruzione dell’insieme della valle, ma il LAMA – Laboratorio Microclimatico Alpino del Vallone della Bendola vi permetterà di conseguire un maggiore dettaglio, è così ? In che modo ?

– J.A. – Più si sale nella scala, e quindi si esamina un’area più circoscritta, maggiore è il dettaglio ottenibile. Per il momento nella Valle del Roia non si hanno dati climatici provenienti da una rete di misure molto fitta. Il LAMA ci fornirà questo genere di informazioni, su come varia il clima in un’area molto piccola e molto contrastata. Ad esempio, se osservo un limite d’area di distribuzione di una specie che ci interessa, e che si ferma ad una data altitudine che corrisponde ad un certo clima, non abbiamo al giorno d’oggi dei buoni strumenti per calcolare qual è questa soglia climatica, ovvero per capire se la distribuzione si ferma ad una data altitudine perché fa troppo freddo per lo sviluppo di quella specie. Il LAMA ci offrirà questa quantificazione di dettaglio riguardo la soglia di distribuzione, perché fa troppo freddo oppure per qualche altra ragione climatica.

– R.P. – Ovvero vi permetterà di aggiungere parametri climatici alla distribuzione della vegetazione e di individuarne le correlazioni. In effetti, come avete già spiegato in qualche incontro precedente, la Valle Roia ha delle caratteristiche molto particolari dal punto di vista climatico.

– J.A. – Si. Si tratta di un gradiente molto forte, con un marcato clima mediterraneo nella bassa valle quindi molto caldo e secco, ed in uno spazio molto breve di qualche decina di kilometri si hanno delle cime e dei passi di oltre 2000 metri. Queste caratteristiche di gradiente climatico veramente molto serrato, offrono alla flora una situazione molto particolare ove le specie si mischiano. E un po’ più che altrove in Francia, ed un po’ più che altrove in Italia, la vegetazione mediterranea sale un po’ più in alto, e la vegetazione montana discende un po’ più in basso, ed esse si mescolano, più che altrove. Un esempio molto chiaro di questo comportamento riguarda gli abeti, che scendono molto in basso nella valle. Così abbiamo qui degli abeti mediterranei, che in Francia chiamiamo appunto “abeti liguri”. Questi abeti si introducono nell’ambiente mediterraneo e si associano ad una flora di tipo mediterraneo, costituendo quindi un ecosistema a parte. Queste sono delle eccezioni legate a questo gradiente molto serrato, fra ambienti molto freddi e molto caldi che si intersecano della valle Roia. In modo diverso da come accade in altre valli più estese ove fra le zone a clima mediterraneo ed alpino ci sono grandi spazi, come ad esempio nella Provenza francese.

– R.P. – Ciò che si può imparare sulla Valle Roia, riguardo questi aspetti naturalistici, pensi che possa essere in qualche modo “esportato” in altre zone alpine ?

– J.A. – Questa è una questione complicata, perché appunto la valle Roia ha tutte queste particolarità molto speciali, ed una cosa che gli scienziati non amano fare è quella di estrapolare altrove i risultati dei loro studi : su questo è meglio essere prudenti. In particolare, per quello che studiamo, la valle Roia è un’eccezione, per la sua geografia e per la sua flora. E partendo da un’eccezione non si saprebbe come estrapolarla. Tuttavia, l’obbiettivo di “Concert-Eaux” non è tanto quello di estrapolare dei risultati, quanto piuttosto quello di estrapolare delle metodologie. Gli strumenti che sviluppiamo nelle attività di “Concert-Eaux” dedicate alla flora saranno strumenti che potranno essere trasposti anche altrove. Quindi non è il risultato in sé ma bensì lo strumento, che potrà dimostrare il suo buon funzionamento nella valle del Roia e, se altri gestori ed operatori lo vorranno, potrà essere applicato anche in territori differenti. Lo strumento esiste, è stato realizzato grazie al progetto “Concert-Eaux” per la valle Roia : basterà adattarlo a contesti diversi per poterlo utilizzare in altre vallate ed in altri territori alpini e mediterranei.